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Ciao

Benvenuta e benvenuto nel Blog di Christian Bernieri. Sei in un posto dove riflettere e rimuginare in libertà su privacy, sicurezza, protezione dei dati personali e sui fatti che accadono nel mondo, sempre in salsa privacy. Con una tempistica assolutamente randomica, con format per nulla omogenei, con un linguaggio decisamente inappropriato, senza alcuna padronanza della grammatica e della sintassi, ti propongo articoli che nessun editore accetterebbe mai di pubblicare... Divertiti.

30 gennaio 2024

Shivers list









Una donna abbandona il proprio figlio in un cassonetto e viene accusata di una serie di reati fino al tentato omicidio del neonato.


La procura giustamente si attiva e iniziano le indagini. 

Si parte dalle telecamere ma, stranamente, non arrivano informazioni concludenti  


Gli inquirenti decidono di allargare le indagini e iniziano ad acquisire i dati di tutti!


Cosa c’è di male? Qual è il problema? la giustizia deve fare il suo corso, si prega di non intralciare i magistrati.


Tutto bello tutto giusto ma anche il tribunale ha il suo DPO e, probabilmente, i giudici dovrebbero consultarlo un po’ più spesso


Dagli organi di stampa ho saputo che, ieri, la procura ha chiesto alla Asl l’elenco di tutte le donne che hanno partorito in un determinato lasso temporale.


La richiesta sarebbe stata avanzata sulla base di un raffinatissimo ragionamento: il neonato abbandonato aveva circa sei mesi quindi la madre lo ha partorito circa sei mesi fa e, dato che si partorisce in ospedale, andiamo a cercare tutte le donne che hanno partorito circa sei mesi fa e quindi risultano nei registri delle ospedale e della Asl. 


Questa cosa è orrenda e piuttosto stupida


Intanto non si capisce perché limitare la richiesta alla Asl che è competente per il territorio del ritrovamento del bambino.

Volendo procedere così, dovrebbero essere interrogate tutte le Asl di Italia perché non è difficile spostarsi di qualche chilometro e non c’è motivo di pensare che la madre ricercata sia così sprovveduta da non allontanarsi da casa per compiere il gesto estremo per il quale adesso è accusata di reato. 


Rimanendo pure limitati all’interno del territorio di riferimento, l’acquisizione dei dati delle donne che hanno partorito, anche se apparentemente utile alle indagini, si presta ad una serie di considerazioni e appare quantomeno problematico e non proporzionato rispetto ai possibili danni, meglio dire probabili se non addirittura certi. Non solo, sono stati chiesti anche i dati delle donne incinta visitate dai medici di base e agli ambulatori e studi privati. (qui maggiori info)

Un censimento che richiama alla memoria la figura di Erode.


Di nuovo ci troviamo di fronte ad una maledetta lista che non dovrebbe esistere se non all’antica anagrafe,

Questa lista sarà usata, passerà da un ufficio all’altro, verrà consegnata a Consulenti enti o fornitori della procura per verificare i dati cioè per trovare quella madre che, avendo partorito sei mesi fa, non ha in braccio il suo bambino.


Ecco che si inizia a delineare il problema. 


Quella lista purtroppo non fa distinzioni e contempla sìa madri che stanno felicemente crescendo i propri figli, sia madri che hanno dovuto affrontare le angherie della vita e alle quali resta solo un immenso dolore che non passerà mai.


Sono madri vivono una personale tragedia che si rinnova ogni volta che incrociano per strada una carrozzina, Un parco giochi o un asilo. 

Per queste persone è doloroso persino accendere la televisione e veder passare pubblicità di gioiose colazioni mattutine con bambini che mangiano biscotti. 


Sono persone che aprono la posta elettronica con la cautela di un artificiere perché, per loro, è insopportabile il marketing programmato, quello profilato che fa arrivare la pubblicità del latte per lo svezzamento proprio quando dovrebbe avvenire, dei pannoloni di taglia via via crescente, di fantastico offerte “rilevanti e di suo interesse” pensate per l’età presunta di un bambino che però non c’è più. 


Ecco, non oso immaginare il dolore che queste persone proveranno quando riceveranno una telefonata o quando suonerà al citofono un ufficiale di polizia giudiziaria per verificare la presenza del suo bambino.


Francamente voglio sperare che la maledetta lista sarà vagliata e saranno preventivamente 

escluse tutte quelle madri alle quali non bisogna chiedere niente, incrociando i dati presenti in altre liste, gestite da altri enti che registrano non solo la nascita ma anche tutte le altre possibili vicende: infauste malattie, incidenti, adozioni, espatrio, affido ai servizi sociali, denunce di scomparsa, ecc. 


Ho seri dubbi sia perché le informazioni non vengono aggiornate in modo tempestivo, sia perche la mole di lavoro è enorme e le risorse di solito sono limitate. 


Forse anche per questo si è pensato di usare i dati, come se fosse una strada più semplice rispetto ai modelli investigativi tradizionali.


La fiducia nel genere umano è nel buon senso purtroppo si schiantano contro la legge universale che ci porta ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.

Temo che non saranno fatte le necessarie operazioni (obbligatorie) per minimizzare i dati, per fare le verifiche solo su il minimo campione di persone possibile, anche perché lo sforzo per recuperare tutte le fonti di informazioni occorrenti sarebbe veramente notevole.


Così capiterà che persone innocenti e vessate dalla sorte subiranno un danno, una tragedia nella tragedia, evitabile se solo si applicassero le norme e i principi di protezione del dato personale, il principio di necessità, il principio di minimizzazione che vigono anche per gli enti preposti alle indagini penali. 


Non sarà facile per la procura gestire la lista e ancora più difficile sarà giustificare la necessità di questo trattamento.


Per una volta spero che i miei dubbi nascano da un articolo di pessima qualità che, semplificando e omettendo molti particolari, lascia pensare ad uno scenario che non corrisponde alla realtà. Sarebbe bello se, nonostante le semplificazioni giornalistiche, la procura avesse effettivamente considerato tutti questi aspetti e stesse vagliando informazioni prendendo in considerazione i possibili danni collaterali


Intanto l'ordine dei medici alza la voce e, rendendosi conto della sproporzione della richiesta, della irrilevanza dei dati e delle pericolosità della lista, prova a resistere alla richiesta della procura.

Temo che questo tentativa, anche se doveroso, non porterà a nulla. Le valutazioni in merito alla legittimità della richiesta competono alla magistratura stessa che, eventualmente, dovrà risponderne. 


Sotto il profilo tecnico, la procura deve applicare, in particolare, l'articolo 7  del D.Lgs 51/2018 che prevede le regole per il trattamento di dati particolari ad opera delle finzioni di giustizia penale ed in particolare il criterio di STRETTAMENTE NECESSARIO e le GARANZIE ADEGUATE:


"Art. 7

Trattamento di categorie particolari di dati personali

1. Il trattamento di dati di cui all'articolo 9 del regolamento UE è autorizzato solo se strettamente necessario e assistito da garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato e specificamente previsto dal diritto dell'Unione europea o da legge o, nei casi previsti dalla legge, da regolamento, ovvero, ferme le garanzie dei diritti e delle libertà, se necessario per salvaguardare un interesse vitale dell'interessato o di un'altra persona fisica o se ha ad oggetto dati resi manifestamente pubblici dall'interessato."

Il trattamento deve, inoltre essere NECESSARIO E PROPORZIONATO alle finalità perseguite ai sensi dell'art. 3 comma 2


"2. Il trattamento per una delle finalita' di cui all'articolo 1, comma 2, diversa da quella per cui i dati sono raccolti, e' consentito se il titolare del trattamento, anche se diverso da quello che ha raccolto i dati, e' autorizzato a trattarli per detta finalita', conformemente al diritto dell'Unione europea o dell'ordinamento interno e se il trattamento e' necessario e proporzionato a tale diversa finalita', conformemente al diritto dell'Unione europea o dell'ordinamento interno."


Da DPO mi domando, il trattamento è necessario? Il trattamento è "strettamente necessario", che è cosa diversa dall'essere solamente "necessario"? Il trattamento è proporzionato? Quali fantasmagoriche garanzie aggiuntive sono state escogitate per rendere lecito il trattamento?


Purtroppo, o per fortuna, non sono direttamente coinvolto ma il mio pensiero va, ora, ai colleghi di dovranno gestire questi temi e rispondere alle domande che, anche loro, certamente si porranno.



Mi auguro che il DPO della procura abbia voglia di dedicarsi ai colleghi che seguono la vicenda, sia per minimizzare i possibili danni, sia per evitare che la questione si possa riproporre in modo identico, se non peggiore, in futuro.


Prosit

29 gennaio 2024

La Polizia si incazza!


La polizia s'incazza

(cit Andrea Pergolari)



Non passa giorno senza un nuovo guaio in salsa Privacy. 

Oggi è il turno di un agente di polizia che, parlando con una manifestante, si è lasciato andare a commenti incongrui sul capo dello stato. Il resto è cronaca.


Anche in questo caso la Privacy c’entra, eccome


Tutti noi pensiamo e ci esprimiamo in modo differente a seconda del contesto. Tutti noi siamo costantemente condizionati da fattori esterni o interni che orientano i nostri comportamenti. Chi si comporta in modo inappropriato, a seconda del contesto, viene percepito come fuori luogo, o troppo sguaiato oppure troppo impettito.

Non si va ad un matrimonio troppo sbracati e non si può stare in giacca e cravatta giocando a briscola all’osteria.

Nello stesso modo, ciò che diciamo viene sempre filtrato, tradotto, spesso censurato da noi stessi in modo da non essere inappropriato al contesto di riferimento.


Il contesto è il grande assente di questa vicenda.


Il poliziotto era in un contesto lavorative, in uniforme, con un ruolo e una missione da compiere. Questa, tuttavia, non contempla certamente pubbliche esternazioni, non era su un palco, non doveva pontificare sui massimi sistemi e, di sicuro, non era sotto interrogatorio rispetto a idee, pensieri ed opinioni personali o su malcelate ideologie politiche e preferenze di partito.


Il poliziotto, come avrebbe fatto chiunque, convinto di parlare alla manifestante, ha dato fiato ad idee fuori contesto, in libertà, senza filtro.


Qual è il contesto mancante? Qual è l’informazione fondamentale che è mancata al poliziotto e che, se fosse stata anche solo vagamente immaginata, avrebbe condizionato il suo comportamento in modo radicale?


Semplice: il fatto che questo suo comportamento sarebbe stato ripreso e condiviso 1-10-100-1.000-10.000-100.000-1.000.000 di volte.

La differenza è tutta lì, sarebbe cambiato tutto se solo avesse immaginato la possibile condivisione del suo pensiero al di fuori della ristretta cerchia da lui percepita: l’interlocutore a cui si è rivolto e dei pochi colleghi accanto a lui, gli stessi con i quali chiacchiera nei lunghi momenti di attesa e con i quali condivide abitualmente pensieri e riflessioni.


Ora che siamo più bravi di prima ad immedesimarci nel poliziotto, proviamo ad immaginare cosa può aver pensato del collega che ha ripreso e inviato il filmato a LocalTeam:


Questo bastardo, guarda che casino, ma chi cazzo gli ha detto di mandare in giro il video, maledetto infame!”   L’immaginazione va un po dove vuole lei, tanto non c’è nulla di reale… vero?

Stando più vicini alla realtà, i pensieri del poliziotto non sarebbero certamente cambiati ma il suo comportamento si.

Avrebbe pensato le stesse cose? Certamente si.

Avrebbe detto le stesse cose?  Certamente no.


In questa vicenda torna prepotente il tema privacy e torna in termini tecnici, precisi e previsti dal GDPR.


Un collega che inquadra, filma e salva il video di un (ex) amico regole, può farlo senza troppe regole, non richiede formalità, non ci sono moduli, banner, informative, consensi. C’è solo un implicita e tacita complicità, la condivisione di un momento e quello che si chiama “comportamento personale”, escluso dal campo di applicazione del gdpr.

Appena il video viene dato in pasto ad un social, una chat o un gruppo, ad un istigatore alla condivisione sgarzullina come Local Team, la situazione cambia, il GDPR torna in scena e torna più incazzato che mai.



Il GDPR non si applica al trattamento di dati personali effettuato da un privato nell'ambito di attività a carattere esclusivamente personale o domestico, senza una connessione con un'attività commerciale o professionale, MA quando l’attività personale implica la DIFFUSIONE, cambia tutto e il GDPR torna applicabile, trasformando in un Titolare del trattamento la persona che ha deciso di sparare nell’etere e nel cyberspazio i dati personali di un malcapitato poliziotto. La soglia oltre la quale non può applicarsi l'esenzione per fini personali è proprio la diffusione di dati altrui.


Per carità, nessuno chiederà mail all’ (ex) collega di mostrare adempimenti moduli e registri, ma porca vacca… uno straccio di informativa, una parola, un cenno per intendersi sulle finalità di quella raccolta video diventa necessaria sia per buona creanza, sia per buon senso, sia, infine, per il rispetto della legge.



Esaurito il tema privacy, mi permetto una considerazione strettamente legata al “contesto”.

Tutte le volte che vedo un presidio delle forze dell’ordine non posso fare a meno di pensare quanto sia tediosa e frustrante l’attesa. Spesso, il lavoro consiste nella mera presenza, nel presidio di una pizza, di un luogo sensibile, persino di una buca in mezzo alla strada. Forse anche per questo il compito è considerato gravoso e i funzionari impiegati sono in numero evidentemente abbondante rispetto alle necessità percepite. Mi sono sempre domandato di cosa parlino gli agenti tra di loro, sempre molto impegnati, a volte accigliati, mai sguaiati ma mai silenziosi.

Alla luce di questa vicenda, vendendo lo sdegno che il video ha causato nella popolazione e anche all’interno dei ranghi militari, meravigliato del vigore e della velocità con cui i vertici hanno annunciato trasferimenti, sanzioni, indagini e severe punizioni, ho finalmente capito di cosa parlano i militari in attesa: contemplano, onorano e rendono ossequio al Presidente Mattarella.


;-)


Prosit


28 gennaio 2024

I "Nomi dell'Odio": la lista dei cattivi non include chi abbandona bambini in ospedale.



Da ieri non si parla d’altro, precisamente da quando i quotidiani online e i TG hanno pubblicato e diffuso le immagini riprese dall’impianto di videosorveglianza di un ospedale a corredo di servizi riguardanti l’abbandono di un neonato.


A parte qualche sparuto e irricevibile sostenitore della bontà di questa pubblicazione, la massima parte delle voci manifestano disagio, dissenso, schifo, incredulità per il livello raggiunto dall’informazione pubblica.


In molti, ciascuno a modo proprio, hanno colto un punto importante della vicenda: questo uso della videosorveglianza disincentiva l’utilizzo dei percorsi preordinati per l’affido di un neonato e spinge le persone a ricorrere a strade differenti, ovviamente non legali, laceranti e, spesso, drammatiche. Mi riconosco molto in questa considerazione ed è il tipo di effetto collaterale per il quale nessuno si sente responsabile e che addossiamo sempre sulle spalle dei più deboli. Non è così, è colpa nostra.


Tutto ciò avviene dopo pochi giorni da un altro caso che mi ha toccato e che costituisce la premessa di quello odierno: un sindaco che, con toni paternalistici, invita una madre a palesarsi, aggiungendo una velata minaccia basata sul fatto che esistono le telecamere di sorveglianza e lasciando intendere che, in ogni caso, sarebbe stata ritrovata e punita.



Ecco i miei sulla questione, molto parziali, molto limitati, dalla prospettiva del DPO.

Spero di limitarmi a questo particolare punto di vista perchè, se mi allargassi, inizierei ad insultare molta gente e rischierei querele e rappresaglie.



first thing first: le telecamere.

telecamere intelligenti e tonte, evolute e obsolete, di nuova generazione e di Carlo Cudega, in 4K e in CGA, analogiche e digitali, connesse o a circuito chiuso, comunque siano sono ovunque. Ma “chi ce le ha messe?”.

Perché è questa la domanda fondamentale alla quale bisogna rispondere.

La seconda domanda fondamentale, alla quale deve rispondere chi decide di installare telecamente, è “perchè le mettiamo?”. Non è affatto una domanda banale e, se trascurata, apre la porta dell’inferno sulla terra. 


Chi si occupa di privacy (in particolare del diritto alla protezione dei dati personali) sa bene che prima di decidere è necessario fare delle valutazioni e che queste devono essere documentate e riscontrabili. Questa valutazione si chiama DPIA (Data Protection Impact Assessment) ed è un adempimento fondamentale.

Non è vero che le telecamere si possono mettere liberamente, a sentimento, perchè fa figo o perché un giorno potrebbero servirci. Niente affatto. Ci vuole una ragione per farlo, specialmente se sono inquadrati luoghi di lavoro, spazi accessibili al pubblico e ancora di più se parliamo di luoghi che, per loro natura, sono particolarmente delicati come un ospedale, una scuola, i bagni di un autogrill, un luogo d’incontro, ecc.

Spesso ho l’impressione che prima di installino le telecamere, poi si cerchi una forma per legittimarle. In alcuni casi non si fa nemmeno questo, dando per scontato che siano una cosa legittima, anzi, doverosa. 


Qui iniziano i problemi e possiamo iniziare a fare una lista delle persone che sono nei guai, un pò come i  Nomi dell'Odio di Arya Stark ma senza risvolti cruenti.

 

Nomi dell'Odio di Arya Stark (1):

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale.


Ovviamente esistono ottimi motivi per mettere videocamere in un ospedale, ma i luoghi da inquadrare vanno scelti con un criterio che minimizzi la possibilità che accadano cose come quella a cui abbiamo assistito. Anche la durata della conservazione dei dati dovrebbe essere gestita con un criterio e tutti questi aspetti possono essere definiti unicamente se si è affrontato prima il dilemma primigenio:   “perchè le mettiamo?”


Dalle finalità discende tutto il resto. 

Vogliamo proteggere i beni? Ok, ma in sala d’attesa non ci sono beni da proteggere

Vogliamo evitare aggressioni al personale? Ottimo, ma allora le registrazioni le teniamo qualche ora, perchè l’aggressione va gestita subito, non dopo giorni

Vogliamo sapere chi entra in ospedale? Ottimo, allora le telecamere dovrebbero essere sul perimetro, non dentro

Vogliamo supervisionare da remoto un locale non presidiato? Fantastico, allora facciamo come in piscina, usiamo bassa risoluzione, quanto basta per capire se c’è qualcuno in attesa.

Vogliamo registrare ciò che fa la gente in modo da poter dare alla stampa le immagini e sputtanare per sempre due creature che disapproviamo? Beh, forse questa finalità è un tantinello discutibile e non penso che giustifichi l’installazione e l’uso dell’impianto.


Quindi abbiamo un dirigente che ha preso delle decisioni peregrine e non sostenibili. E chi avrebbe dovuto verificare che queste valutazioni siano compatibili con i principi del GDPR e sostenibili? Il DPO dell’ospedale


Nomi dell'Odio di Arya Stark (2): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale


Ma andiamo avanti perchè le aziende sono fatte di persone e non sono tutti santi.

Il sistema di videosorveglianza deve essere gestito secondo precise regole. Chi può vedere le immagini? chi le può estrarre? in quali casi e circostanze? Chi deve essere avvertito?


Dando per scontato che nessuno, in ospedale, possa aver autorizzato formalmente la consegna alla stampa immagini di questo tipo, l’unica ipotesi plausibile è che ci sia un lavoratore al quale è stata data una password, un regolamento, una serie di divieti, un compito da eseguire e che, per qualche ragione, abbia deciso di fare l’esatto opposto.

Nei film di Hollywood c’è sempre un investigatore che allunga una banconota ad un tecnico che vive nel seminterrato, ma non siamo in un film e non possiamo fantasticare, ma  la realtà potrebbe essere peggio della fantasia. La realtà implica un lavoratore che non ha compreso il proprio ruolo, i propri doveri e che, facendo spallucce, ha mandato in vacca la vita di due persone.


Nomi dell'Odio di Arya Stark (3): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale

-il lavoratore che ha accesso al sistema di videosorveglianza


Come in Games of Thrones, ad ogni episodio ne segue un altro e così tocca proseguire e dedicare attenzione al prossimo della lista: la stampa. In alcuni casi ho letto manifestazioni di dissenso (@NewsFromDeriu) ma in troppi hanno usato i materiali, in troppi stanno zitti, in troppi non sanzioneranno.

Il mito de “È la stampa bellezza, e tu non puoi farci niente” forse è stato equivocato ed è diventato l’alibi per fare qualsiasi cosa pur di sgraffignare qualche click.


Il giornalista che, per primo, ha toccato quelle immagini, ha le mani sporche di sangue. Chi le ha usate senza sporcarsi le mani, puzza di merda. Chi tace su quanto sia lontano dalla professione questo tipo di notizia, semplicemente sta facendo un altro mestiere e non è certamente un giornalista. L’ordine dei giornalisti… beh, dell’Ordine non dirò nulla perchè, semplicemente, non esiste.

Più volte il Garante ha sottolineato la necessità di contemperare il diritto all’informazione con il diritto alla protezione dei dati personali.

In alcuni casi estremi, come questo, è stato ribadito che non esiste un pubblico interesse di conoscere fatti privati, irrilevanti per la vita del pubblico pagante.  Già, ma il pubblico è pagante, applaude, clicca, genera traffico e, quindi, soldi. Forse anche gli editori hanno smesso di fare gli editori e sono diventati dei bottegai. Gustose informazioni personali, persone sputtanate in piazza in cambio di pochi spicci. Immagino che anche questo sia un lavoro, ma ha un altro nome.



Nomi dell'Odio di Arya Stark (4): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale

-il lavoratore che ha accesso al sistema di videosorveglianza

-il giornalista che, per primo, ha ricevuto i materiali

-la redazione che ha detto “ma si, pubblichiamo, così facciamo un po di grano”

-i giornalisti e le altre redazioni che hanno riproposto i  materiali considerandoli di pubblico dominio




Quando un albero cade nella foresta, senza che nessuno lo ascolti, fa comunque rumore?

Se un giornalista deprecabile pubblica materiali che sarebbero dovuti finire nel cestino, è ancora una notizia? Si, finché ci sarà gente che gode delle sfortune altrui, purtroppo, questo tipo di informazione avrà un florido mercato. Ma non ci dobbiamo illudere, è colpa nostra. 


Un post con zero click, bassissima interazione, nessun commento e evitato da tutti non sarà certamente riproposto. Se non altro perchè non genera fatturato e occupa spazio. Il mio auspicio è che questo genere di cronaca sia sostituito dall’oroscopo. lo spero di cuore. Chi mi conosce sa quanto questa mia affermazione sia viscerale e dolorosa.

Chi clicca è complice. 

Chi clicca fa schifo.



Nomi dell'Odio di Arya Stark (4): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale

-il lavoratore che ha accesso al sistema di videosorveglianza

-il giornalista che, per primo, ha ricevuto i materiali

-la redazione che ha detto “ma si, pubblichiamo, così facciamo un po’ di grano”

-i giornalisti e le altre redazioni che hanno riproposto i  materiali considerandoli di pubblico dominio

-chi gode delle disgrazie altrui

-chi si sente vivo solo in funzione dell’esistenza di qualcuno rispetto al quale sentirsi superiore

-chi non ha la capacità di intuire la disperazione delle persone attorno a se



Chi è rimasto?

Temo non molti.

Non mi chiamo fuori dalla lista, ci sono anch’io e me ne vergogno. Spero che la mia singola visualizzazione sia giustificata dal desiderio di parlare con cognizione di causa e non in astratto, ma un click è anche il mio.




Purtroppo non è tutto qui e, volendo evitare di omettere scenari possibili, ne dobbiamo prendere in considerazione uno decisamente particolare.

Ho letto ipotesi secondo le quali potrebbe essere stata la magistratura a chiedere la pubblicazione di questo video per ottenere aiuto nelle indagini.


Non posso escluderlo, non ho elementi né per confermare né per smentire, tutto può essere … ma… c’è un “ma”, anzi, una lunga serie di “ma”.


La norma principale che regola  il diritto alla protezione dei dati personali è il GDPR. Vale per tutti? No. Alcuni non sono soggetti al GDPR ma devono agire in conformità ad una norma fatta apposta per permettere l'esercizio delle proprie funzioni, senza i vincoli e i limiti che il GDPR comporterebbe. È il caso dei dati personali usati dalla polizia e dalle autorità di giustizia penale che, in ultima analisi, risponde al D.Lgs 18 maggio 2018, n. 51. Praticamente il GDPR dell’attività inquirente.


Cosa dice questa legge? Tante cose e non molto dissimili da ciò che prevede il GDPR. Anche per la polizia e la procura è obbligatorio rispettare alcuni paletti: i dati possono essere trattati solo “se il trattamento e' necessario e proporzionato a tale diversa finalita', conformemente al diritto dell'Unione europea o dell'ordinamento interno”.


Basterebbe questo per dubitare che la richiesta provenga da un magistrato.

Non ha alcun senso prendere un piccolo filmato sperando che qualcuno riconosca le persone ritratte. Non è un metodo di indagine, non è utile, non apporta nulla all’attività istruttoria.

Chi gestisce le indagini si comporta in altro modo: acquisisce le registrazioni di tutte le telecamere, esaminando migliaia di filmati, tracciando a ritroso i passi della persona sotto indagine, dal punto dove ha commesso un fatto fino alla prima telecamera in prossimità della sua abitazione. Ogni angolo, ogni piazza, ogni negozio, ogni banca, ogni telecamera che l’avrà inquadrata costituisce un tassello di un puzzle che permetterà di rintracciare la zona in cui vive, il quartiere di partenza, la macchina da cui è scesa, le persone che ha incontrato, i pagamenti che ha effettuato ed ogni altra informazione utile ai fini dell’indagine.


Questa cosa non la fanno i giornalisti

Questa cosa non la fanno le persone comuni, nemmeno quelle che si dilettano di OSINT e che si ritengono dei grandi investigatori.

Questa cosa, nel nostro ordinamento, la fanno solo ed esclusivamente persone scafate, consapevoli dei propri doveri, prudenti rispetto ai rischi che questo potere implica.


Personalmente non posso credere che un magistrato o un commissario di polizia possa essersi sognato di accelerare le indagini in questo modo.

Se così fosse, mi aspetterei a giorni il provvedimento di trasferimento in barbagia.


Prosit





Alcuni riferimenti


I post che mi piacciono:

https://x.com/valentina_mulas/status/1751396815319203892?s=20

https://x.com/NewsFromDeriu/status/1751500532030521524?s=20

https://x.com/LaBombetta76/status/1751370189323571405?s=20


I post che mi fanno schifo:

https://x.com/eziomauro/status/1751551184530182211?s=20