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Benvenuta e benvenuto nel Blog di Christian Bernieri. Sei in un posto dove riflettere e rimuginare in libertà su privacy, sicurezza, protezione dei dati personali e sui fatti che accadono nel mondo, sempre in salsa privacy. Con una tempistica assolutamente randomica, con format per nulla omogenei, con un linguaggio decisamente inappropriato, senza alcuna padronanza della grammatica e della sintassi, ti propongo articoli che nessun editore accetterebbe mai di pubblicare... Divertiti.

28 gennaio 2024

I "Nomi dell'Odio": la lista dei cattivi non include chi abbandona bambini in ospedale.



Da ieri non si parla d’altro, precisamente da quando i quotidiani online e i TG hanno pubblicato e diffuso le immagini riprese dall’impianto di videosorveglianza di un ospedale a corredo di servizi riguardanti l’abbandono di un neonato.


A parte qualche sparuto e irricevibile sostenitore della bontà di questa pubblicazione, la massima parte delle voci manifestano disagio, dissenso, schifo, incredulità per il livello raggiunto dall’informazione pubblica.


In molti, ciascuno a modo proprio, hanno colto un punto importante della vicenda: questo uso della videosorveglianza disincentiva l’utilizzo dei percorsi preordinati per l’affido di un neonato e spinge le persone a ricorrere a strade differenti, ovviamente non legali, laceranti e, spesso, drammatiche. Mi riconosco molto in questa considerazione ed è il tipo di effetto collaterale per il quale nessuno si sente responsabile e che addossiamo sempre sulle spalle dei più deboli. Non è così, è colpa nostra.


Tutto ciò avviene dopo pochi giorni da un altro caso che mi ha toccato e che costituisce la premessa di quello odierno: un sindaco che, con toni paternalistici, invita una madre a palesarsi, aggiungendo una velata minaccia basata sul fatto che esistono le telecamere di sorveglianza e lasciando intendere che, in ogni caso, sarebbe stata ritrovata e punita.



Ecco i miei sulla questione, molto parziali, molto limitati, dalla prospettiva del DPO.

Spero di limitarmi a questo particolare punto di vista perchè, se mi allargassi, inizierei ad insultare molta gente e rischierei querele e rappresaglie.



first thing first: le telecamere.

telecamere intelligenti e tonte, evolute e obsolete, di nuova generazione e di Carlo Cudega, in 4K e in CGA, analogiche e digitali, connesse o a circuito chiuso, comunque siano sono ovunque. Ma “chi ce le ha messe?”.

Perché è questa la domanda fondamentale alla quale bisogna rispondere.

La seconda domanda fondamentale, alla quale deve rispondere chi decide di installare telecamente, è “perchè le mettiamo?”. Non è affatto una domanda banale e, se trascurata, apre la porta dell’inferno sulla terra. 


Chi si occupa di privacy (in particolare del diritto alla protezione dei dati personali) sa bene che prima di decidere è necessario fare delle valutazioni e che queste devono essere documentate e riscontrabili. Questa valutazione si chiama DPIA (Data Protection Impact Assessment) ed è un adempimento fondamentale.

Non è vero che le telecamere si possono mettere liberamente, a sentimento, perchè fa figo o perché un giorno potrebbero servirci. Niente affatto. Ci vuole una ragione per farlo, specialmente se sono inquadrati luoghi di lavoro, spazi accessibili al pubblico e ancora di più se parliamo di luoghi che, per loro natura, sono particolarmente delicati come un ospedale, una scuola, i bagni di un autogrill, un luogo d’incontro, ecc.

Spesso ho l’impressione che prima di installino le telecamere, poi si cerchi una forma per legittimarle. In alcuni casi non si fa nemmeno questo, dando per scontato che siano una cosa legittima, anzi, doverosa. 


Qui iniziano i problemi e possiamo iniziare a fare una lista delle persone che sono nei guai, un pò come i  Nomi dell'Odio di Arya Stark ma senza risvolti cruenti.

 

Nomi dell'Odio di Arya Stark (1):

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale.


Ovviamente esistono ottimi motivi per mettere videocamere in un ospedale, ma i luoghi da inquadrare vanno scelti con un criterio che minimizzi la possibilità che accadano cose come quella a cui abbiamo assistito. Anche la durata della conservazione dei dati dovrebbe essere gestita con un criterio e tutti questi aspetti possono essere definiti unicamente se si è affrontato prima il dilemma primigenio:   “perchè le mettiamo?”


Dalle finalità discende tutto il resto. 

Vogliamo proteggere i beni? Ok, ma in sala d’attesa non ci sono beni da proteggere

Vogliamo evitare aggressioni al personale? Ottimo, ma allora le registrazioni le teniamo qualche ora, perchè l’aggressione va gestita subito, non dopo giorni

Vogliamo sapere chi entra in ospedale? Ottimo, allora le telecamere dovrebbero essere sul perimetro, non dentro

Vogliamo supervisionare da remoto un locale non presidiato? Fantastico, allora facciamo come in piscina, usiamo bassa risoluzione, quanto basta per capire se c’è qualcuno in attesa.

Vogliamo registrare ciò che fa la gente in modo da poter dare alla stampa le immagini e sputtanare per sempre due creature che disapproviamo? Beh, forse questa finalità è un tantinello discutibile e non penso che giustifichi l’installazione e l’uso dell’impianto.


Quindi abbiamo un dirigente che ha preso delle decisioni peregrine e non sostenibili. E chi avrebbe dovuto verificare che queste valutazioni siano compatibili con i principi del GDPR e sostenibili? Il DPO dell’ospedale


Nomi dell'Odio di Arya Stark (2): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale


Ma andiamo avanti perchè le aziende sono fatte di persone e non sono tutti santi.

Il sistema di videosorveglianza deve essere gestito secondo precise regole. Chi può vedere le immagini? chi le può estrarre? in quali casi e circostanze? Chi deve essere avvertito?


Dando per scontato che nessuno, in ospedale, possa aver autorizzato formalmente la consegna alla stampa immagini di questo tipo, l’unica ipotesi plausibile è che ci sia un lavoratore al quale è stata data una password, un regolamento, una serie di divieti, un compito da eseguire e che, per qualche ragione, abbia deciso di fare l’esatto opposto.

Nei film di Hollywood c’è sempre un investigatore che allunga una banconota ad un tecnico che vive nel seminterrato, ma non siamo in un film e non possiamo fantasticare, ma  la realtà potrebbe essere peggio della fantasia. La realtà implica un lavoratore che non ha compreso il proprio ruolo, i propri doveri e che, facendo spallucce, ha mandato in vacca la vita di due persone.


Nomi dell'Odio di Arya Stark (3): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale

-il lavoratore che ha accesso al sistema di videosorveglianza


Come in Games of Thrones, ad ogni episodio ne segue un altro e così tocca proseguire e dedicare attenzione al prossimo della lista: la stampa. In alcuni casi ho letto manifestazioni di dissenso (@NewsFromDeriu) ma in troppi hanno usato i materiali, in troppi stanno zitti, in troppi non sanzioneranno.

Il mito de “È la stampa bellezza, e tu non puoi farci niente” forse è stato equivocato ed è diventato l’alibi per fare qualsiasi cosa pur di sgraffignare qualche click.


Il giornalista che, per primo, ha toccato quelle immagini, ha le mani sporche di sangue. Chi le ha usate senza sporcarsi le mani, puzza di merda. Chi tace su quanto sia lontano dalla professione questo tipo di notizia, semplicemente sta facendo un altro mestiere e non è certamente un giornalista. L’ordine dei giornalisti… beh, dell’Ordine non dirò nulla perchè, semplicemente, non esiste.

Più volte il Garante ha sottolineato la necessità di contemperare il diritto all’informazione con il diritto alla protezione dei dati personali.

In alcuni casi estremi, come questo, è stato ribadito che non esiste un pubblico interesse di conoscere fatti privati, irrilevanti per la vita del pubblico pagante.  Già, ma il pubblico è pagante, applaude, clicca, genera traffico e, quindi, soldi. Forse anche gli editori hanno smesso di fare gli editori e sono diventati dei bottegai. Gustose informazioni personali, persone sputtanate in piazza in cambio di pochi spicci. Immagino che anche questo sia un lavoro, ma ha un altro nome.



Nomi dell'Odio di Arya Stark (4): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale

-il lavoratore che ha accesso al sistema di videosorveglianza

-il giornalista che, per primo, ha ricevuto i materiali

-la redazione che ha detto “ma si, pubblichiamo, così facciamo un po di grano”

-i giornalisti e le altre redazioni che hanno riproposto i  materiali considerandoli di pubblico dominio




Quando un albero cade nella foresta, senza che nessuno lo ascolti, fa comunque rumore?

Se un giornalista deprecabile pubblica materiali che sarebbero dovuti finire nel cestino, è ancora una notizia? Si, finché ci sarà gente che gode delle sfortune altrui, purtroppo, questo tipo di informazione avrà un florido mercato. Ma non ci dobbiamo illudere, è colpa nostra. 


Un post con zero click, bassissima interazione, nessun commento e evitato da tutti non sarà certamente riproposto. Se non altro perchè non genera fatturato e occupa spazio. Il mio auspicio è che questo genere di cronaca sia sostituito dall’oroscopo. lo spero di cuore. Chi mi conosce sa quanto questa mia affermazione sia viscerale e dolorosa.

Chi clicca è complice. 

Chi clicca fa schifo.



Nomi dell'Odio di Arya Stark (4): 

-il titolare del trattamento cioè l’ospedale

-il dirigente che ha deliberato l’installazione

-il dpo dell’ospedale

-il lavoratore che ha accesso al sistema di videosorveglianza

-il giornalista che, per primo, ha ricevuto i materiali

-la redazione che ha detto “ma si, pubblichiamo, così facciamo un po’ di grano”

-i giornalisti e le altre redazioni che hanno riproposto i  materiali considerandoli di pubblico dominio

-chi gode delle disgrazie altrui

-chi si sente vivo solo in funzione dell’esistenza di qualcuno rispetto al quale sentirsi superiore

-chi non ha la capacità di intuire la disperazione delle persone attorno a se



Chi è rimasto?

Temo non molti.

Non mi chiamo fuori dalla lista, ci sono anch’io e me ne vergogno. Spero che la mia singola visualizzazione sia giustificata dal desiderio di parlare con cognizione di causa e non in astratto, ma un click è anche il mio.




Purtroppo non è tutto qui e, volendo evitare di omettere scenari possibili, ne dobbiamo prendere in considerazione uno decisamente particolare.

Ho letto ipotesi secondo le quali potrebbe essere stata la magistratura a chiedere la pubblicazione di questo video per ottenere aiuto nelle indagini.


Non posso escluderlo, non ho elementi né per confermare né per smentire, tutto può essere … ma… c’è un “ma”, anzi, una lunga serie di “ma”.


La norma principale che regola  il diritto alla protezione dei dati personali è il GDPR. Vale per tutti? No. Alcuni non sono soggetti al GDPR ma devono agire in conformità ad una norma fatta apposta per permettere l'esercizio delle proprie funzioni, senza i vincoli e i limiti che il GDPR comporterebbe. È il caso dei dati personali usati dalla polizia e dalle autorità di giustizia penale che, in ultima analisi, risponde al D.Lgs 18 maggio 2018, n. 51. Praticamente il GDPR dell’attività inquirente.


Cosa dice questa legge? Tante cose e non molto dissimili da ciò che prevede il GDPR. Anche per la polizia e la procura è obbligatorio rispettare alcuni paletti: i dati possono essere trattati solo “se il trattamento e' necessario e proporzionato a tale diversa finalita', conformemente al diritto dell'Unione europea o dell'ordinamento interno”.


Basterebbe questo per dubitare che la richiesta provenga da un magistrato.

Non ha alcun senso prendere un piccolo filmato sperando che qualcuno riconosca le persone ritratte. Non è un metodo di indagine, non è utile, non apporta nulla all’attività istruttoria.

Chi gestisce le indagini si comporta in altro modo: acquisisce le registrazioni di tutte le telecamere, esaminando migliaia di filmati, tracciando a ritroso i passi della persona sotto indagine, dal punto dove ha commesso un fatto fino alla prima telecamera in prossimità della sua abitazione. Ogni angolo, ogni piazza, ogni negozio, ogni banca, ogni telecamera che l’avrà inquadrata costituisce un tassello di un puzzle che permetterà di rintracciare la zona in cui vive, il quartiere di partenza, la macchina da cui è scesa, le persone che ha incontrato, i pagamenti che ha effettuato ed ogni altra informazione utile ai fini dell’indagine.


Questa cosa non la fanno i giornalisti

Questa cosa non la fanno le persone comuni, nemmeno quelle che si dilettano di OSINT e che si ritengono dei grandi investigatori.

Questa cosa, nel nostro ordinamento, la fanno solo ed esclusivamente persone scafate, consapevoli dei propri doveri, prudenti rispetto ai rischi che questo potere implica.


Personalmente non posso credere che un magistrato o un commissario di polizia possa essersi sognato di accelerare le indagini in questo modo.

Se così fosse, mi aspetterei a giorni il provvedimento di trasferimento in barbagia.


Prosit





Alcuni riferimenti


I post che mi piacciono:

https://x.com/valentina_mulas/status/1751396815319203892?s=20

https://x.com/NewsFromDeriu/status/1751500532030521524?s=20

https://x.com/LaBombetta76/status/1751370189323571405?s=20


I post che mi fanno schifo:

https://x.com/eziomauro/status/1751551184530182211?s=20










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