Pensieri d’estate: una rockstar anonima.
Cicale, stelle cadenti, infinite sfumature dal blu più profondo al bianco lattiginoso, acqua verde smeraldo, lo spaventoso e vasto orizzonte del mare più placido del mondo, scie bianche che si dissolvono tra le onde, la sagoma dell’Isola d’Elba, il Giglio, l’Argentario, Montecristo, Formiche, Giannutri, aria sottile e brezze che si rincorrono ogni giorno, il maestrale e lo scirocco, l’alba e il tramonto, nuvole paffute e rondoni che giocano.
Sono le suggestioni che mi raggiungono sulla veranda della casa che ho affittato per trascorrere qualche giorno al mare.
All’interno vedo distrattamente una libreria, piatti e bicchieri, quadri appesi alle pareti, qualche foto, decori fatti con legni trovati sulla spiaggia e mossi dal vento. Nulla mi colpisce particolarmente e non merita nulla di più che uno sguardo casuale e distaccato.
Sarà una bella vacanza ma la casa è solo un appoggio, il suo contenuto è fatto di suppellettili che non mi appartengono e che non interessano. Questa casa contiene un vissuto che mi sfugge e che non mi interessa indagare.
È capitato che, un sera, a cena con amici, di colpo tutto si è trasformato appena lei, amica da una vita, ha detto: “ma sai di chi è quella casa?”.
Le ipotesi più strampalate si sono affastellate veloci nella mia testa, come a voler indovinare prima che il mistero venga svelato: un amico comune, un palazzinaro locale, una persona nota nella zona, il fruttivendolo, il sindaco, una ex fiamma, qualcuno della combriccola, forse proprio di quello imbecille che prenderei volentieri a scarpate… non lo so, mi arrendo e aspetto paziente.
“Hai presente quel gruppo famoso, quello irlandede che ha fatto quella bella canzone,.. come si chiamava?
Dai che hai capito…
Ci vengono un paio di volte all’anno.”
OMFG
La casa è di una rockstar internazionale!
Porcavacca, questo non me lo aspettavo.
So che in questa zona incrociano i Mega yacht di personaggi stellari, ma non mi sarei mai immaginato di affittare casa da uno di loro. Infondo, questo è un paese di percatori da centinaia di anni, schivato dalla modernità e dalla prosperità. Un posto da cinghiali.
Ora tutto è diverso, ora le suggestioni dalla veranda sono le stesse identiche che ha vissuto la Rockstar, forse sono anche le sensazioni che lo hanno ispirato nella sua arte e che, ora, sono in qualche modo un patrimonio che ci accomuna.
Nel frattempo mi accorgo che qualcosa è cambiato anche nelle persone attorno a me.
Le mie figlie sono andate a scrutare la libreria in modo diverso da prima, come per decifrare il significato dai titoli, dalla lingua, dall’età dell’edizione. Non sanno bene perché ma i dorsi di quei libri, ora, sono più interessanti di prima, hanno un significato nuovo e hanno lo stesso fascino di un mistero da indagare e un tesoro da scoprire.
I quadri e le foto alle pareti sono diventati oggetti di studio, si prova ad indovinare l'autore, la circostanza, il motivo per cui sono stati appesi e preferiti a tanti altri.
La stanza segreta, quella che ci è stato chiesto di non usare perché riservata al proprietario, è diventata una tentazione più forte di quella che vivrebbe Indiana Jones per una inesplorata piramide precolombiana.
Ho colto l’occasione per imporre una colonna sonora degna di questa scoperta anche se il genere non è quello preferito da tre teen alla moda e una fan di Hello Kitty:
Zombie,
Linger,
Dreams,
Salvation,
Animal Instinct,
Promises,
Just my imagination,
Ode to my family,
When you are gone…
Senza volerlo, le mie ragazze hanno sperimentato uno dei processi mentali che caratterizzano la protezione dei dati personali e che influenzano gran parte del mio lavoro: un dato, se è anonimo, non interessa a nessuno. Lo stesso dato, se diventa personale, si ammanta di mistero, suscita una irrefrenabile curiosità e scatena comportamenti sorprendenti.
La vera scoperta non è stata il nome della Rockstar ma un aspetto molto più individuale ed interiore: chi siamo noi di fronte ad un dato personale?
Siamo in grado di controllarci rispetto alla curiosità che ci spinge ad approfondire e curiosare ovunque?
Riusciamo a distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato?
Oppure, al contrario, riteniamo legittimo frugare tra le tracce di una esistenza altrui che incrociamo durante un nostro percorso casuale?
È lecito sentirsi autorizzati ad esplorare la vita privata di una persona famosa, magari con maggiore curiosità rispetto a quella che una persona comune ci può suscitare?
Cosa esattamente ha trasformato una vecchia foto appesa in un quadro e l’ha nobilitata a tal punto da diventare un oggetto di culto? La foto non è cambiata ma i nostri occhi la vedono in modo differente ora che sappiamo a chi appartiene, quale squarcio di vita rappresenta.
Tutte considerazioni molto personali che ci aiutano a conoscerci meglio, a conoscere meglio gli altri e alle quali non diamo peso nel quotidiano. Grazie alla particolare e bizzarra circostanza ci sono evidenze che si impongono prepotenti alle mie ragazze e che sarebbero inevitabili anche senza la sventura di avere un papà DPO.
Gli alloggi turistici spesso ci preoccupano perché potrebbero esserci telecamere nascoste ovunque, tastiere numeriche, codici di accesso individuali e domotica sono pronte a registrare ogni nostro ingresso ed uscita o addirittura comportamento tenuto all’interno dell'appartamento. Le policy di alcuni gestori permettono l’uso di telecamere nelle aree comuni e la cronaca riporta casistiche di abusi e telecamere installate anche in aree private.
Il rischio sicuramente esiste ma non è il solo: anche chi affitta un alloggio si espone ad una forma di invasione del proprio vissuto privato, una violenza silenziosa che mina la riservatezza e, con essa, la serenità del padrone di casa.
Naturalmente questo non vale per una camera d’albergo, sempre molto standard, o per un impersonale alloggio appositamente e professionalmente realizzato per affitti brevi.
Ma un privato che decide di concedere la casa propria ad estranei dovrebbe farlo solo dopo aver riflettuto molto bene e dopo aver bonificato l’area da ogni elemento personale.
Non basta un cartello con scritto “non entrare”.
Non basta un'etichetta “riservato” su una scatola.
Non amo particolarmente i proverbi ma ce n’è uno che riassume molto bene questi meccanismi: “l’occasione fa l’uomo ladro”
…e siamo tutti umani.
Prosit
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